chiaro, Venerabili Fratelli, e apparirà chiaro a tutta la posterità, con quali artifici e
con quante astute e indegne macchinazioni quel governo sia giunto a opprimere i
giusti e santi diritti di questa Apostolica Sede e nello stesso tempo si conoscerà
quanta premura Ci siamo data per reprimere per quanto era in Noi la sua audacia che
aumentava di giorno in giorno e per difendere la causa della Chiesa. Sapete bene che
nell’anno 1859 molte città importanti dell’Emilia, a mezzo di scritti clandestini,
cospiratori, armi e denaro furono spinte dal potere subalpino alla ribellione; e che non
molto tempo dopo, indetti i comizi popolari e captati i voti, si finse un plebiscito e
con questo inganno le Nostre province di quella regione furono strappate al Nostro
paterno dominio, mentre i buoni si opponevano invano. È anche risaputo che
nell’anno seguente il medesimo governo, per fare sua preda le altre province di
questa Santa Sede poste nel Piceno, nell’Umbria e nel patrimonio di San Pietro,
adducendo falsi pretesti circondò con improvviso impeto e con grande esercito i
Nostri soldati e la schiera volontaria della Gioventù Cattolica, che spinta da
sentimento religioso e da pietà verso il Padre comune era volata da tutto il mondo a
Nostra difesa; e che con sanguinosa battaglia schiacciò queste milizie che non
sospettavano così improvvisa eruzione e che tuttavia lottarono intrepidamente per la
Religione. Tutti conoscono la sfacciata ipocrisia e l’impudenza di quel governo che
per diminuire la brutta impressione di questa sacrilega usurpazione non esitò a
proclamare di aver invaso quelle province per ristabilirvi i principi dell’ordine
morale; mentre invece in realtà promosse ovunque la diffusione e il culto di tutte le
false dottrine ovunque allentò le briglie ai desideri e all’empietà, castigando inoltre
ingiustamente i sacri Vescovi e gli Ecclesiastici di ogni grado che imprigionò e lasciò
pubblicamente insultare, mentre permetteva che andassero impuniti i persecutori e
coloro che non rispettavano neppure la dignità del Pontificato nella Nostra persona.
Inoltre è noto che Noi, come era Nostro dovere, non solo Ci siamo sempre opposti ai
ripetuti consigli e suggerimenti che Ci venivano dati perché tradissimo
vergognosamente il Nostro dovere, sia abbandonando e consegnando ad altri i diritti e
i possessi della Chiesa, sia concludendo una infame conciliazione con gli usurpatori;
ma che anche abbiamo contrapposto a queste inique, temerarie e delittuose azioni,
perpetrate contro ogni diritto umano e divino, solenni proteste di fronte a Dio e agli
uomini; che abbiamo dichiarato i loro autori e fautori soggetti alle censure
ecclesiastiche e che ove ce n’è stato bisogno li abbiamo con tali censure
ripetutamente puniti. Infine è risaputo che quel governo, nonostante tutto, ha
persistito nella sua ribelle attività e ha cercato continuamente di provocare
l’insurrezione nelle altre Nostre province e soprattutto in Roma, con l’introdurvi dei
sobillatori e con artifici di ogni genere.
Ma poiché questi tentativi non riuscivano secondo l’aspettativa, per l’incrollabile fede
dei Nostri soldati e l’amore e la devozione dei Nostri popoli che Ci venivano
manifestati in modo splendido e costante, finalmente si scatenò contro di Noi quella
violenta tempesta dell’anno 1867 quando nell’autunno furono mandate contro i
Nostri territori e contro questa città coorti di sciagurati ardenti di delittuoso furore e
aiutate da quel governo (e parecchi di questi già da prima stavano nascosti in Roma) e
dalla loro violenza, dalle loro armi feroci ci sarebbe stato da temere ogni atroce