Page 39 - Quintino_Sella_Linceo

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crudeltà per Noi e per i Nostri direttissimi sudditi, come appariva chiaramente, se Dio
misericordioso, con il valore delle Nostre milizie e il valido aiuto delle legioni
mandateCi dalla nobile Nazione Francese, non avesse reso vani i loro assalti
.
In tante battaglie, in così grande susseguirsi di pericoli e di crudeli tribolazioni, la
Divina Provvidenza Ci apportava grandissimo conforto con la vostra grande,
affettuosa pietà, Venerabili Fratelli, e con quella dei Vostri fedeli, verso Noi e questa
Apostolica Sede; pietà che avete dimostrata sempre con grandi opere e prove di
cattolica carità. E benché la gravissima crisi nella quale Ci troviamo Ci abbia appena
lasciato un po’ di tregua, tuttavia con l’aiuto di Dio non abbiamo mai differita
nessuna delle cure dirette a proteggere la prosperità temporale dei Nostri sudditi; e
quale tranquillità e sicurezza pubblica vi fossero presso di Noi, quale fosse la
condizione di tutte le attività intellettuali e artistiche, quali fossero la fede in Noi e la
volontà dei Nostri popoli, hanno potuto sapere molto bene tutte le Nazioni dalle quali
affluirono a gara in ogni tempo innumerevoli forestieri in questa città, specialmente
in occasione delle numerose celebrazioni e delle solenni manifestazioni sacre che
abbiamo compiuto.
Stando così le cose e godendo il Nostro popolo una tranquilla pace, il re subalpino e il
suo governo, colta l’occasione di una grande guerra scoppiata fra due potentissime
Nazioni d’Europa, con una delle quali avevano pattuito che avrebbero mantenuto
inviolato lo stato presente del dominio ecclesiastico e che non lo avrebbero lasciato
turbare da uomini di partito, decretarono immediatamente di invadere le altre terre del
Nostro dominio e persino la Nostra Sede e di assoggettarle al loro potere. E quali
cause si accampavano per questa invasione nemica? Certamente tutti conoscono le
cose che sono trattate in una lettera del re dell’8 Settembre scorso diretta a Noi e
trasmessaCi dal suo ambasciatore presso di Noi, lettera nella quale con lungo e
subdolo giro di parole e di pensieri, ostentandosi figlio rispettoso e buon cattolico e
sostenendo la causa dell’ordine pubblico e della salvezza del Pontificato stesso e
della Nostra persona, Ci domandava di non prendere il rovesciamento del Nostro
potere temporale come un atto di ostilità e di ritirarsi spontaneamente da tale potere
fidandoCi delle futili garanzie che egli Ci faceva con le quali, diceva, i desideri dei
popoli italiani verrebbero conciliati con il supremo diritto e la libertà dell’autorità
spirituale del Romano Pontefice. Noi, naturalmente, Ci siamo molto meravigliati
vedendo come la violenza che stavamo per subire di momento in momento si volesse
coprire e dissimulare, e Ci addolorammo intimamente della triste sorte del re che,
spinto da cattivi consigli, ogni giorno infligge nuove ferite alla Chiesa e, avendo più
rispetto per gli uomini che per Dio, non pensa che vi è in Cielo il Re dei Re e il
Signore dei Signori, il quale "
non escluderà nessuno, non temerà la grandezza di
nessuno, poiché egli fece il piccolo e il grande e tormenti più forti sovrastano ai più
forti
" (Sap.
VI, 8-9
). Per quel che riguarda poi le richieste che Ci sono state rivolte,
crediamo di non dover esitare, obbedendo alle leggi del dovere e della coscienza, a
seguire gli esempi dei Nostri Predecessori, e soprattutto di Pio VII di felice memoria,
del quale bisogna qui che esprimiamo e facciamo Nostri i sentimenti d’animo invitto
da lui dimostrati in una circostanza assolutamente simile a questa: "
Ricordammo, con